La tecnologia non ha genere
Nonostante i numerosi progressi compiuti negli ultimi anni, la tecnologia e in particolare il settore dell’ICT restano ancora in prevalenza maschili, con una presenza femminile marginale. Per fare un esempio di grande attualità pensiamo alla blockchain. Secondo una recente ricerca del World Economic Forum, infatti, la “quota rosa” a livello mondiale nella blockchain si attesta tra l’1% e il 5%. Ma la storia insegna che non è sempre stato così.
La storia fino al 1984
La tecnologia ha semplificato la vita di tutti. Ogni giorno utilizziamo centinaia di dispositivi tecnologici in modo quasi automatico, senza forse conoscere a fondo la storia, lo studio e gli artefici che hanno contribuito a ogni singola scoperta.
Se oggi pensiamo al mondo STEM e, in particolare, al settore dell’ICT non possiamo non ricordare immediatamente nomi come Steve Jobs, Mark Zuckerberg, Bill Gates, Tim Cook.
E notiamo subito che stiamo parlando di soli uomini. Le donne sembrano molto meno presenti nella storia più recente della tecnologia. Ma è sempre stato così?
La risposta è chiaramente no e abbiamo avuto modo di scoprirlo conoscendo alcune protagoniste di questa storia: dall’inventrice del Wi-Fi Hedy Lamarr a Mary Allen Wilkes con il suo contributo essenziale nella realizzazione del primo personal computer, a moltissime altre scienziate che con i loro studi hanno permesso al mondo di progredire e arrivare al punto in cui ci troviamo oggi.
Ma allora cosa ha determinato il cambio di rotta che ha escluso o comunque reso molto più difficile per le donne avere un ruolo da protagoniste nella storia della tecnologia?
Alcuni hanno avanzato l’ipotesi che la causa sia da ricercare nel 1984. In quell’anno, infatti, il numero di donne impiegate nel settore ICT ha raggiunto il suo picco: il 37% delle lauree in “computer science” è stata conferita a donne. Per comprendere la rilevanza di questo dato basta pensare che nel 2011 questa percentuale è calata all’11%.
Il 1984 è stato anche l’anno in cui la prima generazione di giovani che poteva avere un PC a casa inizia a frequentare il college. Qui è racchiusa la spiegazione della “maschilizzazione” del settore ICT.
Ma in cosa consiste davvero questo fenomeno e da cosa è stato determinato?
Il ruolo del marketing
Le aziende che realizzavano giocattoli per bambini hanno pensato che i computer e in generale i dispositivi tecnologici interessassero di più il mondo maschile che non quello delle giovani donne.
C’è una curiosità interessante in questo senso che vede come protagonista la Nintendo, celebre azienda giapponese leader nel settore del gaming. Avete mai notato che la prima console portatile di gioco che ha intrattenuto decine di generazioni presentata nel 1988 si chiamava Game Boy? La traduzione letteralmente vuol dire proprio “gioco da bambino” con l’utilizzo della parola “boy” appunto e non “girl” o un generico “children”.
Il marketing ha così iniziato a influenzare la mentalità degli utenti di tutto il mondo: le pubblicità di dispositivi tecnologici su cui sperimentare, giocare e programmare erano una “cosa da maschi” e tagliavano fuori il mondo femminile. Ecco come la tecnologia è diventata nel tempo sempre più maschile.
Per un ritorno alle origini
La storia è sempre una “maestra” e anche questa vicenda non fa eccezione. È necessario invertire decisamente la rotta e tornare a consentire anche alle donne, fin da piccole, di poter giocare con la tecnologia. Solo così si potranno conseguire grandi progressi e grandi scoperte, proprio come il passato insegna. D’altra parte, come diceva Henry Ford: “c’è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia diventano per tutti”. Ci sarebbe da aggiungere “C’è un vero progresso solo se tutte/i contribuiscono a creare le tecnologie”.
Continuiamo allora a combattere questa buona battaglia per rendere il settore dell’ICT sempre più inclusivo e accessibile a tutti. La vittoria finale non potrà che essere un traguardo condiviso e utile per tutti.
Continuate a seguirci per scoprire le prossime storie di donne che stanno cambiando il mondo. Noi continueremo a raccontarvi le loro visioni perché crediamo che un mondo STEM più inclusivo e senza differenza di genere sia possibile.